Un viaggio nella gioielleria settecentesca tra le corti europee: come cambiò il gusto, quali materiali dominarono il mercato e perché quei pezzi restano modelli per il design contemporaneo.
Il trionfo della corte e il linguaggio del rococò
All’inizio del Settecento le corti europee definivano la moda e la gioielleria ne rifletteva lo spirito. A Versailles si consolidò un’estetica giocata su leggerezza e ornamento: il rococò prediligeva curve, motivi naturali e un senso di movimento. I gioielli non erano semplici ornamenti, ma segnali sociali, strumenti per apparire e farsi riconoscere in un sistema di status rigidamente codificato.
Fiori, foglie, conchiglie e volute divennero soggetti ricorrenti nelle parure. L’oro veniva cesellato in trafori che alleggerivano il volume degli oggetti, mentre il taglio delle pietre progrediva offrendo riflessi più intensi. L’abito, il coiffeur e il gioiello si completavano, dando vita a un insieme studiato per sorprendere e incantare.
Materiali e tecniche: dal diamante allo smalto
Diamanti e pietre colorate
Nel corso del secolo il diamante guadagnò centralità, grazie a nuovi metodi di lavorazione che ne aumentarono la brillantezza. Rubini, zaffiri e smeraldi restarono apprezzati per il loro colore e per il valore simbolico legato a potere, fedeltà o fertilità. Le combinazioni cromatiche venivano studiate per creare contrasti eleganti: pietre intense su smalti chiari, file di perle ad accompagnare collier e diademi.
Smalto, perle e miniature
Lo smalto raggiunse livelli raffinati, applicato in sottili velature per aggiungere disegno e profondità. Le perle, naturali e coltivate nelle varietà allora disponibili, furono molto richieste, spesso montate in più fili o usate per decorare cappelli e abiti. I medaglioni con miniature o ciocche di capelli conservarono un ruolo affettivo: il gioiello diventava pegno, memoria e segnale di legami sociali stretti.
Gioielli e società: il ruolo della borghesia e dei salotti
Con il secolo cambiò la composizione delle platee del lusso. L’aristocrazia rimase guida del gusto, ma la borghesia in ascesa cominciò a emulare le mode di corte. Nacquero oggetti di grande effetto realizzati con materiali meno costosi, pensati per apparire nelle sale dei salotti e non necessariamente nelle feste ufficiali. I gioielli di scena permisero a nuove classi sociali di partecipare a un linguaggio estetico fino ad allora riservato alle élite.
Gli artigiani orafi si adattarono a una domanda diversificata: offrirono pezzi grandiosi per le regine e versioni più discrete per chi voleva apparire senza ostentazione. Questo mercato fece crescere l’innovazione tecnica e la varietà formale.
La svolta neoclassica e la riscoperta dell’antico
Verso la fine del secolo lo stile cambiò: il neoclassicismo prese piede dopo gli scavi di Pompei ed Ercolano. Le linee si fecero più sobrie, le decorazioni meno ridondanti, con una predilezione per la simmetria e i richiami all’antichità. Il cammeo tornò in auge, insieme a figure mitologiche e a motivi architettonici. Questo passaggio segnò una nuova responsabilità estetica: il gioiello doveva trasmettere idee, non solo apparire.
La transizione mostrò come la gioielleria possa essere specchio delle trasformazioni culturali: dal frivolo al riflessivo, dal gesto di mera ostentazione alla dichiarazione di gusto informato.
I capolavori del Settecento nei musei
I grandi musei europei conservano numerosi esempi della gioielleria settecentesca. Collane appartenute a sovrane, spille decorate con smalti e medaglioni miniati raccontano storie di corte e vita privata. Ogni pezzo permette di leggere tecniche, scelte cromatiche e simbolismi del tempo. Osservabili da vicino, le opere rivelano la cura dell’esecuzione e l’attenzione al dettaglio che trasformavano metallo e pietra in emozione.
